Prima ha allungato il documento a Giancarlo Abete e poi ha snocciolato
qualche cifra. In serie B cento giocatori guadagnano più di
quattrocentomila euro, 250 fra i duecentomila e i quattrocentomila.
«Sono costi insostenbili», ha chiuso Antonio Matarrese certificando
l’esistenza di una crisi che la congiuntura infelice può solo
aggravare visto che gli imprenditori impegnati nel pallone sono i
medesimi attualmente in sofferenza sui mercati. «E’ evidente che
bisogna muoversi con lungimiranza e tempestività: chi ha venduto le
azioni prima del crollo delle borse non ha pagato pedaggio alla
crisi. E noi dobbiamo fare la stessa cosa», spiega il presidente
federale, Abete. Fra B e Lega Pro ci sono al momento una ventina di
società che non riuscirebbero a iscriversi al campionato.
Tornano a echeggiare nelle stanze di via Allegri parole che
sembravano tabù: tetto agli stipendi e riforma dei campionati, cioè
riduzione dell’area professionistica perché, come ha sottolineato
Abete, «in virtù di questo quadro generale solo un folle potrebbe
garantire che nel 2018 ci saranno ancora 132 squadre tra A, B e Lega
Pro». Tira una pessima aria nonostante si sia attenuata su Roma la
morsa della bassa pressione. Per ora blocco dei ripescaggi in B (si
punta a scendere subito a venti) e ostacoli più alti in Lega Pro per i
ripescaggi (ai candidati saranno chieste robuste garanzie
finanziarie). Ma nessuno può prevedere come saranno il mondo e
l’Italia a febbraio o a marzo. Questa minima risistemazione potrebbe
non bastare. Abete è convinto che se c’è la volontà politica a un
accordo su una nuova struttura dei campionati si può arrivare. Ma il
presidente della Lega Pro, Macalli, deve abbandonare l’idea della
doppia B e di una A che fa Lega per conto proprio.
Con il voto ponderato, Matarrese ha unito le due categorie per
l’eternità: difficile immaginare che i tagli in Lega Pro possano
essere addolciti da un salto dei «più ricchi » nella B allargata. I
tempi sono duri e la loro durezza favorirà i ripensamenti. Non a caso
c’è già chi sarebbe pronto ad accettare l’idea dei tetti salariali.
«Tra guadagnare meno e non guadagnare nulla, meglio la prima
soluzione», ha detto Bruno Bolchi. E Renzo Ulivieri che al momento non
vuol sentir parlare di «tagli», accetta l’idea di «una riforma
strutturale ». D’altro canto tutti hanno capito che i quattrini sono
diminuiti. Via Allegri avrà a disposizione 170 milioni, più di un
quarto (circa quarantotto milioni) verranno dirottati all’Aia che nel
frattempo ha chiesto 5 milioni in più per i rimborsi. Cesare Gussoni
attenderebbe la concessione del «ritocco» per presentare
ufficialmente la sua candidatura. E con quel successo
politico-finanziario in tasca potrebbe più agevolmente affrontare la
competizione nelle urne (sicuramente con Nicchi, probabilmente con
Trentalange).
E’ difficile parlare di riforme in una Federazione ormai proiettata
verso le scadenze elettorali. Nazionali e internazionali. «Abbiamo
fatto una riflessione e abbiamo ritenuto opportuno che il presidente
federale presenti la propria candidatura al comitato esecutivo della
Uefa», spiega Abete. Tenuto conto che l’attuale capo di via Allegri
dovrebbe essere confermato, si giunge alla conclusione che toccherà a
lui sostituire Franco Carraro, grandi elettori permettendo. Nel
frattempo rispuntano gli Europei, questa volta del 2016. Nulla di
certo. Però l’Uefa ha definito nuovi modi e nuovi tempi. Entro il
prossimo 9 marzo bisogna presentare le «dichiarazioni di intenti».
Quindi Nyon procede a una prima scrematura (un modo per evitare che
si ripeta un nuovo caso Polonia- Ucraina) e a quel punto i prescelti
decidono se presentare la candidatura. L’idea c’è, sul fronte degli
stadi la situazione è in movimento e la Uefa un qualche risarcimento
all’Italia lo deve. L’impressione è che in uno dei prossimi Cf (semmai
quello di fine gennaio) la dichiarazione di intenti potrebbe anche
venir fuori. |