Ma se la Rai spende una cifra sproporzionata per i diritti dell'Olimpiade (magari avrebbe potuto spartire l'onere con Sky e trasmettere solo le gare dell'Italia) resta poi al verde per i diritti del calcio. Col rischio di passare per Cassandre, è quanto abbiamo scritto giorni fa in sede di consuntivo di Pechino 2008. Quanto al calcio, bisogna tener presente non solo che ormai «vive» di diritti tv ma che c'è anche un numero elevato di spettatori che non ha mai seguito una partita allo stadio. Il nuovo tifoso è cresciuto a moviole e fuorigioco elettronici. Al nuovo tifoso corrisponde un calcio dominato e condizionato dalle esigenze tv; un gioco sempre più praticato in funzione delle telecamere, una disciplina svuotata del suo storico immaginario. Com'è noto da tempo, la tv sta diventando padrona assoluta dello sport facendolo slittare in modo definitivo dalla sua area naturale a quella dello show business.
Una volta, andare allo stadio era una festa, una condivisione simbolica, una specie di messa laica; adesso occorre essere dei fanatici, mettere in conto non pochi disagi. Per questo, il nostro sguardo ha imparato a esercitarsi su nuovi paesaggi virtuali. Certo, la nostalgia per quelle domeniche a tratti è lancinante. Quelle domeniche pomeriggio con l'orecchio incollato al transistor, quei trasalimenti per un'interruzione («scusa Ameri, scusa Ameri»), quella gente accalcata attorno alla radio di un bar sono schegge di una cerimonia tanto emozionante quanto lontana: una sorta di colonna sonora collettiva, di linguaggio comune, di mito dell'Italia unita. Dapprima, «Tutto il calcio» metteva in scena un'idea di racconto geniale negli anni in cui la radio era ancora il medium egemone e occupava un posto privilegiato al centro del Paese. Poi, «La domenica sportiva» ha cominciato a mostrare le immagini, i campioni, i gol: un fantastico album popolato da figure mitologiche e insieme contemporanee. Quelle trasmissioni, perdute per sempre, restano epiche perché, accontentandoci di poco, ricevevamo in cambio grandi fantasticherie e grandi speranze. Adesso, con la rottura fra la Lega Calcio e le tv nazionali, cala il blackout anche sui nostri sogni di gioventù.
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Aldro Grasso