15 ottobre 2008
Anche la LegaPro ha il suo Special One: ed è italiano!
fonte: goal.com
Il profilo di Marco Cari, il tecnico che sta riportando in alto l'Arezzo. "Un uomo solo al comando, la sua divisa è amaranto, il suo nome è Marco
Cari!". Potrebbe sembrare irriverente prendere a prestito la storica
frase, coniata dal grande Mario Ferretti a commento delle leggendarie
imprese del "campionissimo" Fausto Coppi, per celebrare il tecnico
dell’Arezzo, capolista solitario del Girone B di Prima Divisione ma, di
fronte all’evidenza dei numeri, è impossibile non farlo.
Con
diciannove punti conquistati su ventuno disponibili, infatti, e poteva
essere en-plain senza il gol del 3-2 annullato contro la Juve Stabia,
apparso regolarissimo, Cari non solo è capolista del suo girone ma può
vantare un bottino di punti che nessun altro allenatore delle
centotrentadue squadre professionistiche, dalla A alla Seconda
Divisione, è riuscito a raggiungere. Profondo conoscitore come pochi
della Prima Divisione, ex Serie C, il cinquantaduenne tecnico di
Ciampino, ma frusinate d’adozione, già all’esordio in una panchina in
C2, dopo una gavetta nei Dilettanti, porta lo sconosciuto Giugliano ai
play-off valorizzando giovani come Migliaccio, Vives e Gragnaniello,
oggi al Palermo e al Lecce in A e all’Avellino in B, oltre all’altro
Migliaccio, a Cejas e a Cutolo, tre tra i migliori talenti dell’attuale
Prima Divisione.
Successivamente, dopo aver portato alla
salvezza la Fermana in C1, conduce ai play-off il Teramo, poi revocati
per irregolarità amministrative della società abruzzese e, l’anno
seguente, approda in corsa a Perugia dove prende una squadra in crisi,
posizionata un punto sopra i play-out e va a sfiorare i play-off
realizzando, con quarantasei punti in ventisette partite, quella che
rimane la sua miglior media personale che è poi anche la migliore tra
quelle dei nove allenatori succedutisi in questi ultimi quattro anni
sulla panchina della squadra umbra. Il terzo posto di Taranto, con la
metà delle partite casalinghe giocate a porte chiuse, ma senza lo 0-3 a
tavolino con la Massese sarebbe stato secondo, vale la finale play-off
e precede l’attuale cavalcata di Arezzo.
Che dire poi della sua
particolare bravura nel recuperare giocatori in crisi. Tre esempi per
tutti: Leon, dato per finito dopo la serie A di Reggio Calabria,
rivitalizzato da Cari a Teramo ha poi fatto le fortune del Genoa.
Plasmati, arrivato a gennaio a Taranto dopo essere stato un oggetto
misterioso a Foggia, trascina a suon di gol la squadra di Cari verso il
terzo posto e tre mesi dopo, col Catania in serie A, segna un gol fuori
casa sia all’Inter che alla Juventus. Infine l’estroso brasiliano
Bondi, ectoplasma nell’Arezzo dello scorso anno, pilastro degli
amaranto in questo folgorante inizio di stagione segnato dall’avvento
di Cari che lo aveva allenato e valorizzato a Teramo tre anni prima.
Un
tecnico umile, schietto, bravo nel formare e cementare il gruppo, che
fa del lavoro e dell’abnegazione sul campo la sua forza. Non ha uno
schema preferito ma lo sceglie in base alle caratteristiche dei
giocatori a disposizione, magari variandolo nel corso della partita. Un
difetto, anche se normalmente sarebbe un pregio, è la sua scarsa
propensione alla piaggeria ipocrita, cosa che spesso nell’ambiente del
calcio, purtroppo, aiuta a far carriera più dei risultati e che lo ha
sicuramente condizionato nella sua esperienza perugina. Infine un altro
piccolo record, è uno dei pochissimi allenatori a non essere mai stato
esonerato, essendo scaramantico è giusto che tocchi ferro, e questo con
i presidenti che ci sono in giro nel mondo del calcio non è certo cosa
da poco. Chapeau!
Danilo Tedeschini
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