27 agosto 2008
Addio ai gol in chiaro. E' la fine di un'epoca
niente calcio in chiaro?
Una svolta epocale
Una cosa così non era mai successa.
Prevedibile, ma finora mai successa: domenica blackout del calcio in
tv. Precisiamo: il calcio ci sarà, ma solo sulle tv a pagamento, Sky,
Mediaset Premium e La7 Cartapiù. Dovranno invece farne a meno Rai,
Mediaset e La7, e programmi storici come «90° minuto», «La domenica
sportiva», «Controcampo». Anche una trasmissione mitica come «Tutto il
calcio» resterà muta. Adriano Galliani ha motivato così la posizione
della Lega: «Non è possibile che un prodotto, che fino a poco tempo fa
valeva 70 milioni di euro, considerato Rai, Mediaset e La7, possa
essere adesso svenduto a 20,5 milioni. Non è concepibile». Siamo di
fronte a una svolta epocale che riguarda la tv, il calcio, la nostra
società. Per quel che concerne la tv si va disegnando uno scenario che
abbiamo paventato più volte, il «digital divide»: da una parte la tv
dei ricchi, a pagamento, dall'altra quella dei poveri, gratis. Il
servizio pubblico dovrebbe, al passo coi tempi, colmare questa
distanza.
Ma se la Rai spende una cifra sproporzionata per i diritti dell'Olimpiade
(magari avrebbe potuto spartire l'onere con Sky e trasmettere solo le
gare dell'Italia) resta poi al verde per i diritti del calcio. Col
rischio di passare per Cassandre, è quanto abbiamo scritto giorni fa in
sede di consuntivo di Pechino 2008. Quanto al calcio, bisogna tener
presente non solo che ormai «vive» di diritti tv ma che c'è anche un
numero elevato di spettatori che non ha mai seguito una partita allo
stadio. Il nuovo tifoso è cresciuto a moviole e fuorigioco elettronici.
Al nuovo tifoso corrisponde un calcio dominato e condizionato dalle
esigenze tv; un gioco sempre più praticato in funzione delle
telecamere, una disciplina svuotata del suo storico immaginario. Com'è
noto da tempo, la tv sta diventando padrona assoluta dello sport
facendolo slittare in modo definitivo dalla sua area naturale a quella
dello show business.
Una volta, andare allo stadio era una festa,
una condivisione simbolica, una specie di messa laica; adesso occorre
essere dei fanatici, mettere in conto non pochi disagi. Per questo, il
nostro sguardo ha imparato a esercitarsi su nuovi paesaggi virtuali.
Certo, la nostalgia per quelle domeniche a tratti è lancinante. Quelle
domeniche pomeriggio con l'orecchio incollato al transistor, quei
trasalimenti per un'interruzione («scusa Ameri, scusa Ameri»), quella
gente accalcata attorno alla radio di un bar sono schegge di una
cerimonia tanto emozionante quanto lontana: una sorta di colonna sonora
collettiva, di linguaggio comune, di mito dell'Italia unita. Dapprima,
«Tutto il calcio» metteva in scena un'idea di racconto geniale negli
anni in cui la radio era ancora il medium egemone e occupava un posto
privilegiato al centro del Paese. Poi, «La domenica sportiva» ha
cominciato a mostrare le immagini, i campioni, i gol: un fantastico
album popolato da figure mitologiche e insieme contemporanee. Quelle
trasmissioni, perdute per sempre, restano epiche perché,
accontentandoci di poco, ricevevamo in cambio grandi fantasticherie e
grandi speranze. Adesso, con la rottura fra la Lega Calcio e le tv
nazionali, cala il blackout anche sui nostri sogni di gioventù.
tv
dirette satellitari
| inviato da ipse dixit il 27/8/2008 alle 17:35 | |
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